L’idea antica (raramente espressa in termini di diritti, in senso soggettivo; normalmente espressa in termini di diritto, in senso oggettivo) presuppone come dato un ordine giusto che pretende rispetto. Il diritto, dal punto di vista del soggetto, in questo contesto, è la pretesa all’integrità di quest’ordine, quando esso sia turbato. La funzione dei diritti, per così dire, è restaurativa dell’ordine violato da chi non ha osservato i doveri che su di lui incombono. I diritti sono i rimedi dei doveri (violati); presuppongono una lesione dell’ordine e consistono nella pretesa che quest’ultimo sia ripristinato. Ma la nozione primigenia è quella del dovere. Se tutti rispettassero i loro doveri, non ci sarebbe bisogno alcuno dei diritti. La nozione del diritto è secondaria, nel senso che viene dopo e dipende da quella di dovere. I diritti di cui si parla sono dunque pretese d’ordine.
L’idea moderna è agli antipodi. Essa non muove affatto da un ordine dato ma presuppone che ogni essere umano sia libero di operare per instaurare l’ordine che ritiene per sé preferibile. Non si tratta di pretese d’ordine ma di pretese di libertà e quindi, potenzialmente, di disordine. La nozione di diritto è prioritaria, rispetto a quella di dovere, che viene costruita in conseguenza del necessario stabilimento di limiti che consentono la coesistenza delle libertà. La funzione dei diritti moderni non è restaurativa ma instaurativa ed è in funzione della volontà individuale, non dell’ordine impersonale.