Michel Rouche, La vita privata dall'Impero romano all'anno Mille, 1985

Come precisa il concilio di Leptines (744), alcuni credono «che le donne si danno in potere della luna, come i pagani, per riuscire a conquistare il cuore degli uomini». Ancora per molto tempo la donna resterà un mistero, ora benefico ora malefico, fonte di felicità e di disgrazia, purezza terrificante, ma impurità distruttrice. Ai giovani sposi, per pacificare l'angoscia e gli dèi, veniva offerta una coppa di idromele, l'alcol prodotto dalla fermentazione del miele. Un tranquillante, un euforizzante, un antidoto ai filtri d'amore, allo stesso tempo forte e tenero, che doveva dar loro il coraggio necessario per penetrare nei misteri della carne. È questa l'origine dell'espressione tanto rivelatrice «luna di miele», che designa quella fase di fusione completa dei coniugi, quell'impressione di coincidenza con il mondo nello smarrimento di se stesso nell'altro, che ben conoscono le giovani coppie. Era il modo per esorcizzare i furori amorosi sì da vivere altre lune e salvare l'ordine del mondo.