Dino Buzzati, Un amore, 1963
E tutto quello che non era lei, che non riguardava lei, tutto il resto del mondo, il lavoro, l'arte, la famiglia, gli amici, le montagne, le altre donne le migliaia e migliaia di altre donne bellissime, anche molto più belle e sensuali di lei, non gliene fregava più niente, andassero pure alla totale malora, a quella sofferenza insopportabile soltanto lei, Laide, poteva portare rimedio e non occorreva neppure che si lasciasse possedere o fosse specialmente gentile, bastava che fosse con lui, al suo fianco, e gli parlasse e magari controvoglia fosse costretta a tener conto che lui almeno per alcuni minuti esisteva, solo in queste pause brevissime che capitavano di tanto in tanto e duravano un soffio, soltanto allora lui trovava pace. Quel fuoco all'altezza dello sterno cessava, Antonio tornava a essere se stesso, i suoi interessi di vita e di lavoro riprendevano ad avere un senso, i mondi poetici a cui aveva dedicato la vita ricominciavano a risplendere degli antichi incanti e un sollievo indescrivibile si spandeva in tutto il suo essere. Sapeva, è vero, che tra poco lei se ne sarebbe andata e quasi subito lo avrebbe di nuovo uncinato l'infelicità, sapeva che dopo sarebbe stato ancora peggio, non importa, il senso di liberazione era così totale e meraviglioso che per il momento non pensava ad altro.