Gabriele Beccaria, “Tuttoscienze”, 13 aprile 2011

Il vantaggio - spiegano gli scienziati - è contemplare ciò che non sarebbe riproducibile: molti di questi bizzarri e invisibili organismi, infatti, hanno pretese particolari. Esigono temperature spaventose, pressioni che ridurrebbero un essere umano a un foglio di carta, sofisticati composti di sostanze. Lo svantaggio è che in questo modo non si recupera il genoma completo, ma solo dei pezzi: vengono alla luce specifici geni, che un giorno potrebbero permetterci di produrre creature Ogm per ripulire l’aria dai gas serra oppure per generare combustibili puliti. Intanto, però, stanno fornendo una serie di indizi insostituibili per riassemblare i rapporti filogenetici tra le specie e ridisegnare l’albero della vita in un’elegante ragnatela. Il lavoro è gigantesco, perché il «database» conta già decine di milioni di nuovi geni e molti altri potrebbero presto affollare la scena. E l’ultimo arrivo è per gli addetti ai lavori sconcertante.
I test hanno rivelato che alcune sequenze appartenenti a due superfamiglie di geni - recA e rpoB - sono degli assoluti inediti. «Da dove diavolo vengono?», si è chiesto Eisen, che ha subito annunciato l’evento sulla rivista “Plos”. Al momento non c’è una risposta definitiva. Solo ipotesi. Di certo, fanno parte di quella dimensione che lo stesso ricercatore della University of California ha definito «la materia oscura dell’universo biologico». Una possibilità - quella “soft” - è che appartengano a organismi cellulari già noti, ma relegati in particolari habitat. Ecco spiegati, allora, i pacchetti genetici “alterati” o, meglio, adattatisi a insospettabili condizioni. Ma un’altra opzione - la più entusiasmante - è che i ricercatori si siano imbattuti in un tipo nuovo (e del tutto inusuale) di vita, con una struttura genetica peculiare. E in questo caso la si dovrebbe affiancare ai batteri, agli archea e agli eucarioti, stabilendo l’esistenza di un quarto e inatteso dominio.