Marta Cai, Enti di ragione, 2019
Questa città, che guardo dal mio terrazzo di 1 m x 50 cm, ostenta una sobria allegria simile alla danza macabra delle microspore che lentamente mi uccidono. Per lei non è in serbo un destino escatologico violento, una resa dei conti brutale. Di questo ne sono certo. Non sarà ridotta a un cumulo di macerie, non esploderà, non conoscerà l’invasione di insetti repellenti. In modo del tutto silenzioso e in un futuro non molto lontano, la metà maschile della sua popolazione, di età maggiore o uguale a venticinque anni, sarà colta da un’incoercibile fiacchezza a livello articolare, da una debolezza atavica giunta alla sua acme. I maschi contemporanei hanno interiorizzato il parricidio: terminati i Re, terminata l’Autorità, cos’altro rimane se non uccidere il padre che si è in potenza? La parte maschile della popolazione dunque cadrà addormentata, prima sulle ginocchia e poi a faccia in giù, a prescindere dalla scomodità del luogo: uffici, banche, tabaccai, centri scommesse, marciapiedi. Da ogni angolo si leverà un gran russare, un concerto di sibili, uno scrosciare di gorgoglii, un contrappunto di apnee catarrose. Una squadra speciale di donne forzute - incarnazioni diverse della stessa Madre, triste e idolatrata, misericordiosa e crudele - raccoglierà i caduti e li riporterà alle loro case, dove proseguiranno a letto la loro esistenza di fuchi dismessi. Per la riproduzione, saranno organizzati charter di meccanici dal Wisconsin, che ancora hanno Nemici e Presidenti, oppure partirà solo il loro seme congelato, che sa di pianure e di manualità.