Federico Vercellone, Dalla contemplazione all’interattività, 2013

Che il morto sia davvero morto è uno dei presupposti della nostra cultura, che fonda l'idea di oggettività, per dirla con Hegel, sulla necessità dell'Intelletto di «tenere fermo ciò che è morto». In altri termini l'oggettività esiste in quanto essa è il mortuum, ciò che è definitivamente trascorso e si è irrigidito, assumendo così le fattezze di quanto è definitivo. E l'oggettività è, com'è ben noto, la condizione e la premessa della conoscenza e dell'impresa scientifica.
I confini tra il vivo e il mortuum sono stati messi in questione dalla peculiare “realtà” dell'immagine venuta a rianimarsi, grazie a un singolare e straniante atavismo, nel mondo contemporaneo. Si mette così Hegel in questione da un punto di vista che non sembra toccare direttamente l'estetica ma che, in realtà, la coinvolge profondamente. E che dimostra che i significati messi in moto dall'arte hanno territori di competenza molto più ampi rispetto a quelli che tradizionalmente le vengono riservati quando s'intenda l'arte soltanto come il mondo della bella apparenza. Il limite tra il vivo e il morto che sembrava consolidato viene paradossalmente messo in questione dalle tecnologie che sconvolgono i limiti dettati dalla razionalità classica.