Michel Foucault, Le parole e le cose, 1966

Il potere dell’immaginazione non è che il rovescio, o l’altra faccia, della sua imperfezione. Essa si trova nell’uomo al punto di sutura dell'anima col corpo. Qui infatti Cartesio, Malebranche, Spinoza l’hanno analizzata, come luogo dell’errore e insieme come potere di accedere alla verità, anche a quella della matematica; costoro hanno riconosciuto in essa le stimmate della finitudine, sia sotto forma di segno di una caduta al di fuori dell’estensione intelligibile, sia sotto forma d’indizio di una natura limitata. Al contrario, il momento positivo dell’immaginazione può essere ascritto alla somiglianza opaca, al mormorio indistinto delle similitudini. Il disordine stesso della natura, dovuto alla sua storia particolare, alle sue catastrofi, o soltanto forse alla sua pluralità aggrovigliata, non è capace di offrire alla rappresentazione se non cose che si somigliano. Per cui la rappresentazione, vincolata in continuazione a contenuti vicinissimi gli uni agli altri, si ripete, richiama se stessa, si ripiega naturalmente su di sé, fa rinascere impressioni quasi identiche e genera l’immaginazione. In questo incresparsi di una natura multipla, ma oscuramente e senza ragione ricominciata, nel fatto enigmatico di una natura che prima di qualsiasi ordine somiglia a sé, Condillac e Hume hanno infatti cercato il nesso tra somiglianza e immaginazione.