Paul Veyne, La vita privata dall'Impero romano all'anno Mille, 1985

A quest'epoca i ragazzi studiano. Per diventare buoni cittadini? Per imparare il loro futuro mestiere? Per acquistare i mezzi di intendere qualcosa del mondo in cui vivono? No, per ornamento, per coltivarsi nelle lettere. È uno strano errore quello di credere che l'istituzione scolastica si spieghi, attraverso i secoli, con una funzione volta a formare l'uomo o, al contrario, a determinarne l'adattamento alla società: a Roma non si insegnavano né materie formative né materie utilitarie; solo materie prestigiose e, prima di tutte, la retorica. Nella storia è un'eccezione che l'educazione prepari il bambino alla vita e sia un'immagine in formato ridotto o in germe della società; il più delle volte la storia dell'educazione si identifica con la storia delle idee che ci si sono fatte sull'infanzia e non si spiega con la funzione sociale dell'educazione. A Roma si decorava con la retorica l'animo dei ragazzi con la stessa mentalità con cui nel secolo scorso si vestivano questi esseri da marinai o da militari; l'infanzia è un'età che si traveste per abbellirla e per farle incarnare una visione ideale dell'umanità.