Gilles Deleuze, Logica del senso, 1969

Se diciamo che il simulacro è una copia della copia, una icona infinitamente degradata, una somiglianza infinitamente allentata, non tocchiamo l'essenziale: la differenza di natura tra simulacro e copia, l'aspetto per cui essi formano due metà di una divisione. La copia è immagine dotata di somiglianza, il simulacro un'immagine senza somiglianza. Il catechismo, tanto ispirato al platonismo, ci ha familiarizzato con questa nozione: Dio fece l'uomo a propria immagine e somiglianza ma, per il peccato, l'uomo ha perso la somiglianza conservando l'immagine. Siamo diventati simulacri, abbiamo perso l'esistenza morale per entrare nell'esistenza estetica. L'annotazione del catechismo ha il vantaggio di porre l'accento sul carattere demoniaco del simulacro. Senza dubbio esso produce ancora un effetto di somiglianza; ma è un effetto d'insieme, affatto esteriore, prodotto da mezzi del tutto diversi da quelli che operano nel modello. Il simulacro è costruito su una disparità, su una differenza, interiorizza una dissimilitudine. Perciò non possiamo nemmeno più definirlo rispetto al modello che si impone alle copie, modello del Medesimo da cui deriva la somiglianza delle copie. Se il simulacro ha ancora un modello, questo è un modello dell'Altro da cui discende una somiglianza interiorizzata.