Maurizio Ferraris, intervista “Le parole e le cose”, 19 giugno 2017

Veniamo al mondo molto giovani in un mondo molto vecchio, diceva Eric Satie. Dunque, nasciamo pieni di bisogni e ci troviamo in un mondo estremamente strutturato. Su di noi incombono figure autoritarie (e se non incombono è ancora peggio): genitori, insegnanti. Poco alla volta, insieme al linguaggio e alle buone maniere a tavola, impariamo anche a rispondere a chi ci interpella, con quella struttura fondamentale di imputazione che è il nome proprio. È da questa struttura fondamentale, io credo, che derivano le nostre intenzioni, le nostre idee, e la nostra responsabilità in senso elevato, ossia il rispondere di, l’essere responsabili delle proprie azioni anche senza che nessuno ci obblighi a farlo e stia a osservarci con il fucile spianato. Ciò, ovviamente, non avviene di default, ma può avvenire, così come può avvenire che siamo in grado di agire liberamente. Ma si tratta del punto di arrivo, raro e accidentato, non del punto di partenza.