Mohammad Tolouei, “Dastan”, gennaio 2018

Per me la solitudine è come entrare in un’aula di tribunale dove non c’è nessun giudice e i banchi sono vuoti, una corte senza funzionari e dove non si può fare appello. Nessuno ti disturba, ma l’imponenza dell’edificio e le finestre alte fino al soffitto incutono timore. Non importa se sei lì per tua iniziativa o ti ci hanno costretto, trovarsi in quel luogo è di per sé inquietante. La solitudine apre la strada al giudizio mettendo a tua disposizione uno stuolo di superlativi. Non ho l’abitudine di dire che un film era bruttissimo, se non quando sono solo. Non confesso mai di essere rimasto affascinato da una persona, se non quando sono solo. La solitudine mi permette di evocare le parole nella loro forma più esuberante e robusta. Negli altri momenti c’è sempre qualcuno che ti ammonisce: vacci piano, correggi il tiro.