Vitaliano Trevisan, I quindicimila passi, 2002

Chissà, forse un giorno si scuseranno anche per questo e, quando sarà passato abbastanza tempo, arriverà un Papa che chiederà scusa e tutto sarà a posto. La Chiesa risponde solo a se stessa, pensavo, e il tempo della Chiesa è un tempo diverso, un tempo senza tempo, un tempo che si riferisce all'eternità, il tempo di chi gestisce l'eternità, e facendo riferimento all'eternità, allora ha senso anche chiedere perdono ora per qualcosa commesso centinaia di anni fa, perché cento, duecento, cinquecento anni fa sono un attimo fa e il presente è sempre un presente assolutamente relativo, ininfluente, dunque lasciare che le cose, le case, i palazzi eccetera vadano in malora, è in realtà un opportuno aspettare, un saggio attendere. Quando non importa, ma il tempo giusto verrà, il rizoma produrrà il suo germoglio e tutto acquisterà un senso, anche ciò che ora, adesso, non ha senso. Inutile l'insinuarsi nelle nostre teste della domanda: ma perché proprio adesso questo adesso?, perché proprio ora? Inutile porre la questione di una qualche responsabilità, al presente come al passato: si tratterebbe, comunque e sempre, di una questione riguardante una responsabilità contingente, posta a una istituzione che si fonda su un assoluto che contingente non può mai essere, essendo sempre, in ogni caso e momento, assoluto. Vada dunque tutto in malora.