W.G. Sebald, Austerlitz, 2001

A differenza di Elias, il quale stabiliva sempre un collegamento tra malattia e morte da una parte e prova, giusta punizione e colpa dall'altra, Evan raccontava di morti che, colpiti anzitempo dal destino, sapevano di essere stati defraudati di ciò che spettava loro e cercavano quindi di ritornare in vita. Chi aveva occhio per queste cose, non di rado riusciva a vederli. A tutta prima sembravano persone normali, ma se li si fissava con particolare attenzione, i loro volti sparivano o tremolavano un poco ai bordi. Inoltre, erano quasi sempre di una spanna più piccoli di quanto non fossero da vivi, perché l'esperienza della morte, sosteneva Evan, ci rimpicciolisce, esattamente come una stoffa nuova, quando la si lava per la prima volta, si restringe.