Philip Roth, Il teatro di Sabbath, 1995
L'unica precedente occasione in cui Sabbath aveva potuto osservare Matija in pubblico era stato nell'aprile precedente allo scandalo Kathy Goolsbee, quando aveva partecipato alla colazione della trentina di soci del Rotary che si teneva in albergo il terzo martedì di ogni mese, come ospite di Gus Kroll, il padrone della stazione di servizio, che puntualmente raccontava a Sabbath tutte le barzellette sentite dai camionisti che si fermavano a fare benzina e andare in bagno. Sabbath era un ottimo pubblico per Gus, perché, anche nel caso in cui la barzelletta non fosse di primissima classe, il fatto che Gus raramente si desse la pena di mettersi la dentiera per raccontarla forniva a Sabbath uno spasso più che sufficiente. La dedizione appassionata con cui Gus ripeteva queste barzellette aveva da tempo convinto il burattinaio che fossero proprio loro a dare unità alla sua visione della vita, che soltanto le barzellette rispondessero ai bisogni della sua parte spirituale, e costituissero un illuminante filo narrativo grazie a cui Gus riusciva ad affrontare le sue giornate alla stazione di servizio. Ogni barzelletta che sgorgava dalla bocca sdentata di Gus gli rammentava che neanche un sempliciotto come lui era esente dall'umano bisogno di trovare un filo conduttore che tenga insieme tutto ciò che non compare in televisione.