Jean Montenot, Libero seguito a “Caso irrisolto”, 2006

Eppure, e Ourednik lo sa meglio di chiunque altro, è proprio perché nessuna vita si lascia ricondurre a un destino, né esprimere da un racconto, che non si può far altro che moltiplicare i racconti che danno a ciascuno l'illusione che la propria vita abbia un senso, se non addirittura un senso elevato al rango di destino. Al di là della sua funzione utilitaria peraltro discutibile - posto che gli animali comunicano tra loro, con ogni sorta di mediazione, discretamente meglio degli uomini - la ragion d'essere ultima della parola umana consisterebbe non tanto nel dar senso all'esperienza vissuta, quanto nel dare a ciascuno di che mascherare la propria impotenza nel dar senso alla sua vita - in altri termini l'impossibilità di concludere in modo soddisfacente l'insieme aperto e finito che è ogni esistenza umana.