Edoardo Albinati, Velo pietoso, 2024

19 marzo, san Giuseppe. Per motivi commerciali ribattezzata “Festa del papà”. Paradossale e ironico che sia stato scelto come campione della paternità un uomo che in effetti non ha generato, almeno secondo i Vangeli canonici. Eppure questa bizzarra soluzione rivela un elemento più segreto e profondo della paternità, quella, cioè, dell'adozione del figlio. Siamo tutti in qualche misura figli adottati da padri adottivi. Certo, è la madre a partorire il figlio o la figlia, mentre il padre, non importa se biologico o no, deve comunque riconoscerlo: la sua funzione più che naturale è sociale, civile, e questo l'avevano ben chiaro i Romani che gli dedicavano una cerimonia apposita, durante la quale il figlio veniva preso sulle ginocchia dal padre come segno di riconoscimento e affiliazione (da cui l'etimo della parola “ingenuo”). Un atto di volontà, deliberato, insomma, un gesto pubblico. La paternità dunque non è mai scontata e oramai non lo è nemmeno la maternità.
Il vecchio falegname nazareno (perché vecchio, poi? Perché sempre raffigurato mezzo calvo?) è dunque un perfetto esempio di cosa voglia dire “genitore”. L'altro mirabile e commovente esempio, simile al primo (come infatti ricorda una nota barzelletta) è Geppetto. La bottega di falegname evidentemente predispone a questo tipo di rapporto tanto intenso e pericolante, per così dire indiretto, obliquo, all'orizzonte del quale si intravede una svolta inesorabile, cioè che il figlio abbandoni suo padre per trovare la propria strada, irta di minacce e pericoli.