Jutta D'Arrigo, “leggere”, gennaio-febbraio 1993

Stefano sapeva quello che voleva dalla scrittura e quando non era soddisfatto distruggeva il suo lavoro. Tempo fa lo ha fatto per un romanzo del quale aveva già scritto almeno cinquecento pagine. Si trattava di un'idea straordinaria, la storia di uno scrittore colpito dal morbo di Alzheimer, la storia della sua scrittura prima e dopo la malattia. Ci ha lavorato per dei mesi, poi mi ha chiesto di nasconderglielo in un cassetto perché aveva bisogno di riflettere ancora. Quando lo ha ripreso in mano ha continuato a lavorare con l'ossessione che lo coglieva sempre quando creava. Poi, una mattina, ho trovato il romanzo a brandelli nella spazzatura. Non gli ho chiesto nulla, non ce n'era bisogno.