Lévy-Bruhl ha fatto rilevare, con geniale acutezza, come ciò che egli chiamava participation mystique fosse un segno caratteristico della mentalità primitiva. Con questo termine egli indicava semplicemente il grande residuo indeterminato dell’indiscriminazione tra soggetto e oggetto, che tra i primitivi assume ancora tali dimensioni che non può non colpire il “coscienzioso” europeo. Se la differenza tra soggetto e oggetto non diviene consapevole, prevale allora un’identità inconscia. L’inconscio viene poi proiettato nell’oggetto e l’oggetto introiettato nel soggetto, e cioè “psicologizzato”. Ed ecco che animali e piante si comportano come uomini, gli uomini sono allo stesso tempo animali, e tutto è animato da spiriti e divinità.
L’uomo civilizzato si crede naturalmente mille miglia superiore a queste cose. Spesso invece egli si identifica per tutta la vita con i suoi genitori o con i suoi affetti e pregiudizi e accusa senza ritegno gli altri di ciò che non vuole riconoscere in sé stesso. Anch’egli dispone infatti di un residuo dell’inconsapevolezza originaria, cioè dell’indiscriminazione tra soggetto e oggetto.
Grazie a questa inconsapevolezza egli subisce l’influenza magica di un’infinità di uomini, cose e circostanze, è cioè influenzato incondizionatamente; poiché è posseduto da contenuti disturbanti quasi quanto il primitivo, necessita di altrettanti incantesimi apotropaici. Non si serve più di talismani, amuleti e sacrifici animali ma di tranquillanti, nevrosi, razionalismo, culto della volontà e così via.