László Krasznahorkhai, Melancolia della resistenza, 1989

Invece non è così, Eszter proseguì il giro attraversando la stanza di Valuska diretto verso il salone, non siamo noi a dominare il processo, ma è il processo che domina noi, e non ce ne accorgiamo mai, perlomeno finché la nostra testa parecchio ambiziosa ottempera in modo soddisfacente ai suoi modesti compiti di percezione e valutazione, per quanto riguarda il resto, abbassò la maniglia del salone, be’, il resto, gli sfuggì un sorriso, non lo riguardava - e come l'uomo che dopo un lungo periodo di cecità all'improvviso scorge di nuovo la realtà, si bloccò sulla soglia abbagliato dalla visione che ebbe aprendo la porta, e chiuse gli occhi, quasi dimenticandosi dove si trovava. Aveva visto miliardi di cose inquiete, pronte al cambiamento continuo, aveva visto come dialogavano tra loro severamente senza capo né coda, ognuno per conto proprio; miliardi di relazioni, miliardi di storie, miliardi, ma si riducevano continuamente a una sola, che conteneva tutte le altre: la lotta tra ciò che resiste e ciò che tenta di sconfiggere la resistenza.