Peter Fröberg Idling, Il sorriso di Pol Pot, 2006

Molti giovani cambogiani, a un certo punto della loro vita, si rasano la testa ed entrano a far parte di una pagoda. Le pagode rappresentano una sorta di università per i poveri. Il monachesimo viene considerato un percorso d'istruzione e un rito di iniziazione, anche se a volte i ragazzi trascorrono nella pagoda solo un paio di settimane.
Molti khmer rossi erano dunque stati monaci. In certi casi non avevano nessun altro tipo di istruzione, e conoscevano bene la rigorosa disciplina buddista: l'ascetismo, la rinuncia a ogni proprietà privata, la sottomissione ai monaci più anziani e più illuminati, la negazione dei bisogni personali, la collocazione dell'individuo in un contesto più ampio.
Si possono trovare paralleli molto chiari tra il buddismo cambogiano e il comunismo cambogiano. Sotto molti aspetti, l'Organizzazione prese il posto del buddismo. Quattro mesi dopo la grande assemblea convocata da Pol Pot, in un documento datato 22 settembre 1975, si constata che «il novanta-novantacinque per cento dei monaci è scomparso». Secondo l'estensore del rapporto, quelli rimasti non costituiranno un problema.
Le circa tremila pagode del paese erano state convertite in magazzini e prigioni. Il centro di aggregazione della comunità locale non era più la pagoda, ma la mensa collettiva.