Madre di tutte le rivoluzioni fu, naturalmente, quella francese del 1789, quando la crisi dovuta all'impennata dei prezzi e alla penuria dei generi alimentari si tradusse in una precisa richiesta di rappresentanza politica. Non importava che i voti non potessero essere “mangiati” (come del resto finiranno con lo scoprire gli egiziani): le masse pretesero un'assemblea nazionale che obbligasse i sovrani a rispondere del loro operato, che garantisse che fossero ascoltate le richieste del popolo, non quelle della cricca dei corrotti. Non avrebbero più dovuto esserci censura e violenze arbitrarie da parte delle forze dell'ordine.
Suona forse familiare tutto ciò? La crisi si estese e dilagò, proprio come accade ora in Egitto, nel pieno di un'epoca di modernizzazione economica, non di arretratezza. Ad alimentare le fiamme della rivoluzione furono proprio la sperequazione nella distribuzione dei vantaggi apportati dal processo di modernizzazione, la piaga di una gioventù colta e preparata ma senza lavoro, la sensazione lacerante che dietro l'angolo vi fosse l'alba di una nazione nuova, rinata, alla quale avrebbero finalmente potuto sentirsi di appartenere.