Gilda Policastro, Sotto, 2013

La prima volta che va a cena con loro è spaventatissima, si è persa un sacco di pezzi di conversazione già dopo mezz'ora, rimane sempre indietro di una parte. Non si parla di quadri, o di mostre, ma di questo e di quello, del come e perché si trovi nel tal posto e chi e quando ce l'abbiano sistemato. Non è una conversazione dotta ma ne ha l'apparenza, perché sapere tante cose (impara Camilla, impara) serve a stabilire nessi, e più nessi individui tra i fatti, più sei in grado di parlare, e più parli, specie se tanto e bene, meglio puoi passare per una che sa. A lei non si richiede, in verità: capisce subito che può stare anche zitta. Il meglio sarebbe sorridere, ma se proprio non ci riesci, evita del tutto di esprimerti: li lascerai nel dubbio, invece che scontenti di qualcosa che dici troppo frettolosamente in modo inappropriato. E poi cosa potresti dire, tu, che non sappiano già? Una tua impressione? E perché dovrebbe contare un parere, un parere fra tanti, dei meno importanti, che non hai nessun ruolo, nessuna autorevolezza in nessun campo e non sei nemmeno più una di quelle ragazzine giovani, che si spizzano con curiosità entomologica sotto la vita bassa. Quando non parlano di posti occupati o da occupare, è di questo che parlano: delle studentesse.