Guardando verso il fiume, il Conte pensò che era davvero una fortuna che in città si seguitasse a rubare, uccidere, aggredire e malversare con un'intensità sempre crescente e, almeno per lui, liberatrice. Era terribile, ma le cose stavano proprio così: quella morte per asfissia che il medico legale avrebbe cercato di spiegare a Mario Conte e al suo assistente, il sergente Manuel Palacios, gli aveva dato modo di alleviare il suo senso di vuoto e di sentire che la sua testa riprendeva a funzionare e serviva a qualche altra cosa, oltre che a produrre le emicranie delle mattine successive alle sue frequenti sbornie.