William Gaddis, Le perizie, 1955

Janet, una ragazza afflitta da un tic nervoso che le faceva piegare la testa da un lato in brillanti e affermative inclinazioni d’idiozia, classico esempio di un’evasione dalla moralità puritana da parte di sua madre (uccisa da un piazzista in cinti erniari di New York), fu trovata una sera, dietro l’organo, dopo le prove del coro, a limonare con il sagrestano. Janet era nata parecchi minuti dopo la morte di sua madre, cosa che qualcuno, zia May compresa, ritenne fin dal principio di cattivo augurio. L’incidente dietro l’organo ne fu la prova, e zia May disse qualcosa a proposito della gogna e della berlina, peccato che fossero passate di moda. «Peccato privarci tutti di una simile soddisfazione» convenne Gwyon. Zia May era diffidente. «Come sarebbe a dire?» «La grande soddisfazione di vedere un altro punito per un’azione di cui ci sappiamo capaci.» «Ma io…» «Che c’è di più gradevole di questa esteriorizzazione dei nostri peccati? Un altro che soffre per espiare la bassezza delle nostre fantasie…» «Basta!» gridò zia May.
«Sono certa di non aver mai avuto simili pensieri.»
«Allora come puoi giudicare la sua colpa, se non sei mai stata sottoposta alla stessa tentazione?» chiese tranquillamente il pastore.